La cappella di San Fiorenzo si trova presso il cimitero ma fu edificata verso la metà del XIII secolo (1220/1230), con funzione di cappella per viandanti e pellegrini, su una piccola edicola che, secondo la tradizione, custodiva la tomba di San Fiorenzo. La facciata ha un portale in pietra arenaria nella cui lunetta è dipinta la Madonna con il Bambino tra san Fiorenzo e san Giovanni Battista.
L’attuale ciclo pittorico che ne ricopre interamente la superficie parietale ha coperto antiche pitture bizantine ancora parzialmente visibili. Le attuali sacre rappresentazioni, una vera e propria “Biblia-Pauperum” a cui lavorarono certamente più artisti, sono datate 24 giugno 1472 ed occupano una superficie di ben 326 metri quadrati.
Sul parete di fondo del presbiterio, in alto, è raffigurata la Crocifissione sullo sfondo delle mura di Gerusalemme. Sulla fascia sottostante, al centro, una delicatissima Madonna tra san Fiorenzo che offre fiori al Bambino e san Martino; a sinistra, san Sebastiano, e a destra, san Michele e san Bartolomeo. La parete a destra è tutta destinata all’affresco di san Giorgio in lotta con il drago per salvare la principessa, alquanto danneggiato. Sulla volta il Cristo benedicente e gli Evangelisti.
Sull’arco trionfale, in alto, l’arcangelo Gabriele e la Vergine Maria, sotto san Domenico e san Francesco; altri santi si distendono nel sottarco.
Sulla parete destra della navata si trovano nove quadri con la Vita e i Miracoli di san Fiorenzo; un riquadro che raffigura il Paradiso con sei schiere di Santi in contemplazione dell’incoronazione della Vergine attorniata da una moltitudine di angeli musicanti ed, alla base, le opere di misericordia che indicano il cammino da seguire per giungere alla salvezza e alla gioia eterna; un riquadro con l’Inferno con a capo Satana che sevizia e tortura sotto i piedi avvocati e procuratori, e la cavalcata dei vizi, che unisce e lega i sette peccati capitali, e conduce a terribili pene attraverso le fauci del “Leviatano”. Seguono dodici quadri con scene della Vita di sant’Antonio Abate.
Sulla parete di fondo sono riprodotte sette scene dell’infanzia di Gesù ispirate ai Vangeli apocrifi con riferimenti a credenze popolari. Suggestiva è la raffigurazione della Natività dove san Giuseppe è ritratto fuori dalla capanna intento a cucinare due cosce di gallina e servire alla puerpera il brodo che all’epoca era il più efficace e probabilmente l’unico “antibiotico” naturale disponibile. Con lo stesso intento e fortemente legate alla cultura del territorio, le due scene tratte dalla “Fuga in Egitto”: il “miracolo del grano” che ritrae la Sacra Famiglia che, in viaggio verso la salvezza, incontra un contadino intento a spargere il grano che, al passaggio di Gesù, miracolosamente matura; e il “miracolo della palma” molto delicato e ricco di simbolismi, che ci mostra la palma che si prostra fino a terra per servire i datteri alla Madonna affamata.
Sulla parete di sinistra sono affrescate ventidue iconografie della Passione di Cristo, che terminano con la Resurrezione simbolo di vita eterna e nuova.